locandina

Cantiere di Letteratura Notturna
Stagione 2014-2015

DAL RACCONTO AL FUMETTO
a cura di Bruno Letizia
con la collaborazione di Carlo Sperduti
ospitato da
HulaHoop Club (via L. F. De Magistris 91/93)
Klamm (via Antonio Raimondi 59/61)

Primo appuntamento: mercoledì 1 ottobre 2014, HulaHoop Club, ore 19:30 – 21:30.

Da ottobre 2014 a giugno 2015, l’HulaHoop Club e il Klamm ospiteranno la quarta stagione del Cantiere di Letteratura Notturna, incentrata sulla trasposizione di testi narrativi in sceneggiature per fumetti e sulla realizzazione di storie a fumetti. I partecipanti avranno la possibilità di conoscere, sperimentare e confrontare diversi linguaggi e strutture narrative attraverso un lavoro di gruppo coordinato da Bruno Letizia, insegnante presso la scuola Internazionale di Comics e tra i fondatori dell’etichetta Villain Comics, con la collaborazione di Carlo Sperduti, autore di racconti e romanzi.

Il laboratorio è rivolto sia a quanti abbiano già avuto esperienze di scrittura, sceneggiatura o disegno, sia a quanti vogliano approcciarsi al fumetto e alla scrittura per la prima volta.

La partecipazione al progetto è gratuita.

Il primo incontro si terrà all’HulaHoop Club (via L. F. De Magistris 91/93) mercoledì 1 ottobre 2014, dalle 19:30 alle 21:30.

Nel mese di maggio 2014 il Cantiere di Letteratura Notturna ha scritto le avventure del doppiatore Arturo Mela alle prese con il doppiaggio di film d’autore. Arturo è il personaggio collettivo protagonista della nuova stagione del Cantiere e del progetto “Un libro in cantiere”, in collaborazione con Gorilla Sapiens Edizioni.

Ecco alcuni estratti dai racconti e alcune immagini del reading del 28 maggio.

20140528_222737

Da Il rancio verde di Marco Parlato

– È così.
– Dovrei credere a questa storia?
– Me l’ha detto l’italiano.
– Bravo, fidati di un italiano.
– Sta’ a sentire: Dowell e l’italiano mangiavano sempre assieme. Ieri però Dowell ha cambiato posto in mensa, era strano, evitava tutti.
– E allora?
– E allora l’italiano è andato a cercarlo e l’ha visto. La ciotola era come la altre, ma dentro…
– Balle!
– È la verità. Stamattina hai visto Dowell? Non c’è, e non ci sarà domani né mai più. L’hanno preso i nostri, è libero!
– Perché non vengono a salvarci tutti?
– Forse non hanno abbastanza uomini, ma hanno trovato il modo di fare evadere una sola persona alla volta. La settimana prossima potrebbe toccare a me, o anche a te!
– Non mi convince. Non ricordo nemmeno da quanto tempo siamo prigionieri.
– Da quando è iniziata la guerra.
– E quando è iniziata?
– Dodici anni fa. Lo sanno tutti.

20140528_220457

Da Asma d’autore di Davide Predosin

Col fervore di un atleta con le meches e le sopracciglia rifatte che, alla visita annuale per idoneità sportiva tentasse di stupire il personale infermieristico con sbalorditive prove spirometriche, Arturo inspira con forza la quarta dose di symbicort della giornata.
“L’asma è una disfunzione bronchiale, una malattia cronica, come il diabete mellito, il morbo di cron, l’itterizia o la gotta, ma purtroppo – si direbbe un inconveniente letterario – l’espressione iperattività bronchiale sembra offuscarne l’autentico, certificato, status patologico, autorizzando le più libere e offensive interpretazioni da parte delle sane e supponenti male lingue”, balbetta confuso tra sé Arturo.
“Sembrano sempre insinuare si tratti di un disturbo psicosomatico che affliggerebbe adulti rimasti vittime di un’emotività resistente a routine, mal tempo o a quelle prove nella vita in grado di fiaccare drenandoli i temperamenti più crassi e vivaci”.
Arturo, più che emaciato asmatico alla Marcel Proust si sente un convulso direttore d’orchestra di sibili, fischi e catarri.
È consapevole che l’asma non è assimilabile a un attacco di panico – i bronchi si chiudono sul serio; di asma c’è chi è morto. Eppure, lo ammette, quando il gioco si fa duro, sì, il bronco è vulnerabile, propenso a chiudersi come un pugno. Non solo perché iperattivo, ma proprio perché diretto da un maniaco impressionabile di sei anni affetto da sindrome da deficit di attenzione.
Quindi, pensa, “le male lingue vanno tacitate e se possibile sfidate pistole all’alba, ma, in parte, hanno ragione”.

20140528_215819

Da L’inventore delle scarpe di Leonardo Battisti

– È difficile restare arrabbiati quando c’è tanta bellezza nel mondo – disse Arturo fissando la busta di plastica caduta dal tavolo dopo che Consuelo l’aveva svuotata della spesa. – Siamo degli ingranaggi in un sistema armonico di rondelle e pulegge lungo cui scivolano le cinghie di distribuzione della vita, frizionando ora più ora meno contro le nostre superfici.
– Il macellaio ha detto che non ci fa più credito – si intromise Consuelo. – Devi saldare, se no te tocca campare coi salatini del discount.
– Mmmm… – bofonchiò il Mela abbassando lo sguardo che seguiva la busta ormai adagiata a terra. – Siamo coinvolti in questo vortice di energie multiple che si rincorrono nello spazio e nel tempo, dove tutto può succedere, dove tutto è sempre e costantemente una possibilità, un divenire mai domo, una materia continuamente in trasferimento che solo occasionalmente e per un tempo tutto sommato limitato, si infila nell’imbuto della procreazione che dà a essa la forma di essere vivente, secondo la legge perfetta e imperscrutabile della coincidenza.
– Nemmeno io te faccio più credito, Arturo. Sono due mesi che fingi di non dovermi dei soldi, e io ho le bollette da pagare – ingiunse Consuelo piazzandoglisi davanti, con le mani grosse e ruvide sui fianchi.

20140528_200858

Da La frase di Alessandro Sesto

– Io non riesco a leggerla questa.
– Perché?
– Non lo so, non riesco.
Portasti i miei meloni?
– Lo so, portasti i miei meloni?
– Vedi che riesci a leggerla?
– No, riesco a dirla, ma non riesco a leggerla. Non riesco a leggerla come una battuta.
– Arturo, è la stessa cosa. Portasti i miei meloni? Dai, leggi e andiamo avanti a registrare. Pronti? Vai.
– …
– Ferma. Cazzo Arturo, ma che hai? Ti fa ridere?
– No, no. Anzi.
– Come anzi?
– Non lo so, mi dà come una stretta dentro, ma neanche come una stretta dentro in verità.  Non lo so che effetto mi fa, non so dirlo. Nessun effetto forse, solo non riesco a leggerla.
– L’hai detta prima. È solo una frase. Tono normale, colloquiale. È un film d’autore, ci sta la frase sui meloni.
– Dici?
– Film d’autore, possono fare tutto.
– Riprovo. Portasti i miei meloni? Portasti i miei meloni? Ehi tu, portasti i miei meloni? Portai i tuoi meloni. Sì. Ce la faccio. Vai.
– Pronto? Vai.
– … protasti. Vaffanculo.

20140528_223101

Da Addio mia concubina di Massimo Eternauta

Venticinque minuti di piano sequenza stesero Consuelo meglio di un flacone di valium mentre Arturo, in ginocchio davanti allo schermo venerato, veniva sopraffatto dal capolavoro del maestro giapponese.
Il suono dei taiko accompagnati dal sereno russare di Consuelo scandiscono la discesa dalla montagna di un uomo la cui figura, a inizio sequenza non più grande di un puntino, viene definendosi con lentezza esasperante nel suo avvicinarsi a fondo valle.
Ad attenderlo, immobili, di spalle, due personaggi.
I tamburi bumbano in un crescendo rossiniano.
Poi, silenzio di sguardi: venti minuti di effetto “dolly rotante” a velocità di bradipo morto, quindi concitato dialogo giapponese al termine del quale le tre figure si separano in tre piani sequenza splittati sullo schermo con una quarta camera fissa a inquadrare la montagna avvolta in una nuvola di polvere e foglie sollevate dal vento.
I rari dialoghi si sovrappongono in una cacofonia d’autore.

20140528_223527

Agnizione di Carlo Sperduti

Alle nove e trenta di un martedì cittadino di uno squallore impassibile, sull’orlo di una linea gialla tutta bolle da non oltrepassare, a tre minuti dal prossimo treno, lo sguardo di Arturo Mela sonda la banchina uguale e contraria al di là dei binari, in cerca di uno svago che duri centottanta secondi o di tre svaghi da un minuto o di sei svaghi da mezzo minuto o di dodici svaghi da quindici secondi. Incespicando tra auricolari, cravatte mal abbinate, borse sotto occhi e ascelle, la mente di Arturo Mela realizza, tra scampoli d’indipendenze cinematografiche ucraine e lunghissimi corti francesi, di essere irrimediabilmente in ritardo. Per di più, per motivi noti a lui solo, uno stronzone.

20140528_223832

Da Salvare capre e cavolo di Gorilla1

Il lupo mangia la capra, la capra mangia il cavolo.
Il lupo non può stare con la capra, la capra non può stare col cavolo.
Lupo e cavoli ok.
Tutto chiaro?
– Sì.
Bene. Il traghettatore, tu Arturo, prende la capra, lascia la capra, prende il cavolo, lascia il cavolo riprende la capra, lascia la capra prende il lupo, lascia il lupo, riprende la capra rilascia la capra.
Tutto chiaro?
– Sì.
Bene. Ora stai attento che le cose si complicano. Il traghettatore, tu Arturo, si trova solo sulla barchetta con la capra, poi con il cavolo, poi ancora con la capra, poi col lupo, poi ancora con la capra. La prima volta la capra gli dice che ama il cavolo e odia il lupo. La seconda volta gli dice che ama il lupo e odia il cavolo. La terza volta gli dice che il lupo e il cavolo sono niente. Il traghettatore, tu Arturo, non dice niente.
– Ma…
Aspetta.
– Ok.
La capra.
– La capra?
La capra. È sempre la stessa capra? No. Ogni passaggio altera la realtà. Quindi abbiamo tre capre un cavolo e un lupo. E ora il cavolo.

Nel mese di aprile 2014 il Cantiere di Letteratura Notturna ha scritto le avventure del doppiatore Arturo Mela alle prese con il doppiaggio di film d’azione. Arturo è il personaggio collettivo protagonista della nuova stagione del Cantiere e del progetto “Un libro in cantiere”, in collaborazione con Gorilla Sapiens Edizioni.

Ecco alcuni estratti dai racconti e alcune immagini del reading del 30 aprile.

20140430_223218

Da Hard Boiled di Massimo Eternauta

Arturo era stato vittima di un cugino argentino di Consuelo detto Belsorriso: spartano ma economico, gli aveva detto consigliandogli il dentista su sua malaugurata richiesta. Arturo non sapeva mai quando stare zitto e non era la prima volta che cadeva nelle trappole di qualche parente di Consuelo, che poi quanti fossero questi parenti, Arturo, se lo chiedeva ogni volta che gliene veniva presentato uno.
– Si può sapere come ha fatto a ridursi i molari in questo modo? – disse il dentista continuando a imperversare con lo specillo nella bocca di un Arturo estremamente pentito.
– Oo apevto elle vottiglie di vivva.
– Ha aperto delle bottiglie di birra con i denti… che lavoro fa, il pagliaccio? – infierì il dentista.
– O, fassio il voppiatove – disse Arturo e cominciò a spiegare – senza sapere neanche lui il perché, forse per superare la paura che quel tipo gli incuteva – che, per una sua particolare predisposizione, gli capitava di immedesimarsi nel soggetto a cui prestava la voce e che il suo ultimo lavoro prevedeva il doppiaggio di un vero duro che tra una sparatoria e l’altra amava far colpo sulle donne stappando bottiglie di birra con i denti.
– Lei è un vero coglione, sa?

20140430_230155

Da Il traslocatore di Alice

– Signor Mela si accomodi, non si tolga il cappotto perché abbiamo poco tempo, sarò conciso nel contenuto e scorrevole nella narrazione, non si preoccupi, so che si è preparato la battuta da provare, so che è conscio dell’opportunità che le si pone innanzi, pochi secondi mi basteranno per pesarla. Lei, non la battuta. Le faccio solo un inciso, perché ho bisogno che prenda confidenza con il mio Pavel Balan, ho bisogno di due dei dieci minuti concessigli per l’audizione – so che un professionista come lei non se ne rammaricherà– per imbastirle un preambolo che le chiarificherà la carica empatica delle battute che andrà a pronunziare. Bene, l’inquadratura 0.1 spazierà di circa 150° su una montagna dalle curve morbide, un prato primaverile declinerà tra massi chiari, arbusti bassi e placide vacche al pascolo. Sta visualizzando? – lo desta il Maestro.
– Sì, certo, la seguo, continui, siamo alle vacche grasse, forse dovremmo stringere sulla figura del traslocatore, sa, il tempo è poco… – risponde esitante il Mela.
– Placide vacche, prego, si ricordi che la relazione che s’instaura tra l’aggettivo e il sostantivo è sacra.

20140430_215504

Da Pomodori ciliegino di Patrizio D’Amico

Così Arturo è al tavolino del bar a mangiare una coppetta di gelato, è lì con la busta del negozio di alimentari che contiene un cartoccio con dentro i pomodori ciliegino per Consuelo. – Comprali maturi, ma non mosci – gli aveva detto al telefono. È al tavolino del bar ed è quasi arrivato alla panna sotto, perché Arturo prende sempre doppia panna, ed ecco che la avverte. Una vibrazione, dapprima leggera poi sempre più potente, sussultoria, fa saltellare le decorazioni in cartongesso del centro commerciale, e poi i tavolini del bar, e i lampadari e infine le persone. Le scale mobili si piegano e sembrano come cedere, simili alla proboscide di un elefante che la rilascia stanco. Le urla delle persone si avvertono appena, sovrastante dal bum bum bum della vibrazione che non sembra voler smettere, anzi aumenta. Arturo afferra la bustina del negozio di alimentari e subito si ripara sotto il tavolino, poi un’occhiata rapida gli fa individuare un luogo più sicuro, alla sua destra, la porta delle scale antincendio. Cammina acquattato riparandosi con la mano libera da pezzi di vetro e muro che gli crollano intorno. Urta violentemente un signore con il bastone che rovina a terra, mentre lui tiene sempre più salda la bustina e si affretta alla porta d’emergenza. Un terremoto, o un attacco terroristico, o un attacco alieno, oppure un’invasione di giganti, qualsiasi cosa sia non smette di scuotere violentemente il centro commerciale e la città e forse l’intero pianeta lì fuori.

20140430_220014

Da Nicky il duro di Patrizia Berlicchi

– Silvie’, sei proprio sicura?
– Lo sai, Arturo, le voci di corridoio qui sono notizie ufficiali. Fidati: la parte è di Pizzuti.
– Ma è assurdo! Scusa, ti pare giusto che un ruolo come quello di Nicky Branda sia assegnato a quel celenterato di Pizzuti!
– Be’, a quanto pare il celenterato è nelle grazie della Ricci. Si vocifera che sia stato amore a prima vista.
– E certo! Infatti si assomigliano. Sembrano usciti dallo stesso collegio svizzero: amabili come un surgelato scaduto. Roba da matti!
– In effetti si prendono molto: quando lei ha scoperto che sono compaesani, poi, si è illuminata. Pare che abbia capitolato definitivamente quando lui l’ha invitata a fare trekking, lo scorso fine settimana. Bisogna ammetterlo, il celenterato ci ha saputo fare: lei si è appena trasferita e non conosce nessuno, così il buon Pizzuti coglie la palla al balzo e la conquista con la scarpinata in montagna.

20140430_230743

Da Lotta contro il tempo di Marco Lipford

La bomba nascosta sotto il banco del mixer era dotata di un timer interno: non sarebbe arrivata al mattino. “Non posso permetterlo,” pensava Arturo, che dal parapetto del secondo piano sgusciò nell’oscurità degli studi abbandonati per la notte. Purtroppo non era riuscito a passare inosservato: le sirene si avvicinavano. Sapeva che stavano venendo a cercare lui. Quel passo falso mentre scavalcava il cancello esterno era stato fatale: non solo stava per rimetterci una gamba, ma il rumore aveva attratto l’attenzione di Abdul, il custode, che aveva chiamato la polizia. Ora Arturo doveva fare ancora più in fretta: la bomba non lo avrebbe atteso per sempre. Se Abdul ci fosse arrivato prima di lui sarebbe stata la fine. Doveva aver capito tutto, il traditore!

20140430_223532

Da La felicità di Mr. Pills di Davide Predosin

Insomma, Consuelo, questo tizio del New Jersey si mette sotto la doccia ma l’acqua è ghiacciata. Esce in accappatoio per alzare la pressione della caldaia e, quando rientra, l’acqua è calda ma il telefono della doccia è esploso perché, nella zona in cui vive, c’è un tasso altissimo di calcare e i fori otturati hanno aumentato la pressione facendo esplodere la cipolla. Il ragazzo, anzi il ragazzone, bestemmia, “non è possibile”, dice, “che ogni due mesi mi esploda la cipolla del telefono della doccia”. Quindi, sempre continuando a bestemmiare, svita la cipolla, si mette sotto l’acqua che fuoriesce direttamente dal tubo e scopre che può ancora regolare l’alloggiamento del telefono dirigendo il potente getto sui propri doloranti muscoli cervicali. Mentre si rilassa e lenisce i dolori cervicali grazie a questa fortuita evenienza, ripensa alle bestemmie appena pronunciate, chiede perdono al suo dio e promette a se stesso di ricordare che spesso “non tutto il male viene per nuocere; che la felicità, a volte, è dietro l’angolo”. Purtroppo, improvvisamente, l’acqua torna ghiacciata e i muscoli cervicali subiscono uno shock termico tale da bloccarsi in un ancora più doloroso torcicollo. Immobilizzato ma deciso a tener fede ai propri propositi, Mr. Pills esce dalla doccia, si asciuga, si veste e saluta la moglie che gli chiede preoccupata se non sia il caso di farsi accompagnare visto l’evidente torcicollo. Lui non risponde nemmeno e si immette nel traffico contando di recuperare il cospicuo ritardo accumulato, effettuando sorpassi su carreggiate a doppia linea continua pronto a raggiungere il ferry boat anche nel caso fosse già partito dal molo di Cape May County, New Jersey.

Nel mese di marzo 2014 il Cantiere di Letteratura Notturna ha scritto le avventure del doppiatore Arturo Mela alle prese con il doppiaggio di documentari. Arturo è il personaggio collettivo protagonista della nuova stagione del Cantiere e del progetto “Un libro in cantiere”, in collaborazione con Gorilla Sapiens Edizioni.

Ecco alcuni estratti dai racconti e alcune immagini del reading del 26 marzo.

IMG_2446

Da Risveglio di Leonardo Battisti

Sono in viaggio sulla topolino di papà, che macchina la topolino, diceva, la migliore mai prodotta dalla fiat, diceva soprattutto per nascondere il fatto che non avevamo abbastanza soldi per cambiarla o che se anche ce li avevamo lui era troppo tirchio per cambiarla, quella vecchia carcassa arrugginita, ma ora è nuova fiammante e la sto guidando su una strada che pare degli anni sessanta, non tanto per come è la strada ma perché ci sono pochi pochissimi altri veicoli in giro, o forse sono gli anni trenta, quando sul suolo nazionale circolavano più o meno 200.000 automobili in tutto, civili e militari, su quaranta di milioni di abitanti, pazzesco, e già allora ci si lamentava del traffico, comunque adesso traffico non ce n’è e io vado spedito sulla topolino di papà, vado in montagna perché questa strada è sempre in salita e tortuosa e alle volte affacciandomi oltre il ciglio della carreggiata scorgo dei burroni mostruosi che mi mettono una paura fottuta tanto che temo a ogni tornante che mi risalga di colpo la malattia, sempre in agguato in qualche parte del corpo, nascosta dietro una vertebra o un rene che di colpo si fa caldo e poi svengo…

IMG_2429

Da Consapevolmente Snack di Marco Parlato

Non ha mai resistito alle noccioline ricoperte di cioccolato e glassa colorata. Da bambino più volte si era ingozzato fino a rigettare tutto sul pavimento, con inevitabile cazziatone della madre e divieto di mangiarne anche solo mezza in più. In seguito cominciò a comprarle di nascosto, contenendo la voracità.
Adesso osserva i confetti rossi in fondo alla bustina. Li ha scartati di proposito, triturando avidamente gli altri. Sta pensando alla cocciniglia. Com’è il nome scientifico? L’avrà ripetuto una decina di volte. Dactylopius coccus, ecco. Un bagarozzo piatto e largo, che sta tutto il tempo ammassato con gli altri, ricoperti dal tipico pulviscolo gelatinoso.
Rammenta le immagini delle brulicanti masse grigiastre.

IMG_2436

Da L’ingegno di Arturo di Patrizia Berlicchi

– Consuelo, sei bianca come un cencio: sei sicura di star bene? Che succede?
– Sono io che lo chiedo a te, Arturo, dal momento che hai il bagno invaso da quelle grosse bestie bavose; sono dappertutto, persino sulla specchiera. Ce n’è una proprio sopra il barattolo della mia crema por le mani; lo sai che no puedo trabajar senza!
– Ah, è vero, scusa, volevo dirtelo ma poi mi è passato di mente… Be’, mia cara, si tratta di un investimento grazie al quale, finalmente, potrò contare su un’entrata supplementare di una certa consistenza!
– Ma de che stai vaneggiando, por l’amor del cielo?!
– Se avessi visto l’ultimo documentario della serie Impara l’arte, per il quale, tra l’altro, ho ricevuto i complimenti di Graziani in persona, sapresti che l’elicicoltura è la nuova frontiera dell’imprenditoria zootecnica. È semplice e redditizia, in linea con le nuove tendenze alimentari e pure bio-sostenibile!
– L’eliciliché?
– Allevamento di lumache a ciclo biologico completo, querida, l’ultima moda dello slow food.

IMG_2390

Da Arturo e la scoperta dell’America di Massimo Eternauta

Consuelo, non sai cosa ho scoperto oggi, i Cherokee non sono dei gipponi ma una tribù di indiani! Ma non sono indiani indiani ma americani, anzi, si dice nativi americani. Consuelo, non sai che confusione. Se gli indiani già c’erano, gli indiani indiani intendo, perché pure questi si sono chiamati indiani? Graziani mi ha spiegato che quando Colombo ha scoperto l’America credeva di essere arrivato in India e per questo ha chiamato indiani quelli che ha trovato lì. E quelli pensavano che indiano fosse lui perché diceva in continuazione indiani, indiani e quindi, all’inizio, non è che si sono tanto capiti che poi se uno voleva andare in India ci poteva andare anche a piedi, in fondo, una volta che sei arrivato a Trieste si tratta di due passi e invece no, lui ci doveva arrivare per mare e dai a rompere le scatole a mezzo mondo per farsi prestare i soldi e tutti gli dicevano guarda che la Terra è piatta e lui diceva no, è tonda, no, è tonda e guarda l’uovo che poi questa storia dell’uovo mica l’ho capita bene cosa c’entra con la Terra che poi hanno scoperto che l’uovo era di gallina e mica di colombo.

IMG_2417

Da Victoria Stevens di Marco Lipford

Victoria Stevens era il cacciatore di rettili più famoso della tv. Nonostante il nome non proprio virile, Victoria era un uomo, chiamato così dall’omonima zona australiana. “Per simili ragioni nessuno si è mai sognato di mettere in dubbio la maschia autenticità di Indiana Jones!” pensava Arturo mentre stringeva la mano al suo nuovo idolo sulla pista d’atterraggio ai limiti dell’Outback. Era la prima volta che visitava l’Australia, e ritrovarsi ospite di quella leggenda lo eccitava assai. Tutto era cominciato quando aveva ottenuto il contratto di doppiaggio degli episodi della serie documentaristica Animal harrassing, in cui Victoria Stevens se ne andava su e giù per il globo a stanare bestie feroci e a domarle per il pubblico a casa. Arturo si era infatuato di quei documentari, e prestare la voce al grande Victoria non gli pareva vero. Era poi particolarmente soddisfatto di essere vestito esattamente come lui, cioè con mimetica su calzoni corti e anfibi corazzati, gilet multi-tasca e cappellaccio pitonato. Ciliegina sulla torta, arrotolata alla cinta di cuoio pendeva una frusta identica. “Sembriamo gemelli,” pensò orgoglioso mentre saliva sul Cessna privato che li avrebbe portati sul luogo delle riprese.

IMG_2373

Da Demetra di Carlo Sperduti

L’arturo è un animela che cambia spesso posizione nel sonno. Ha anche l’abitudine di mutare abitudini molto frequentemente, cosicché è impossibile sorprenderlo negli stessi comportamenti per più di un mese. A volte si tratta di una settimana. Altre volte del capriccio di un’ora.
Entriamo perciò nella sua stanza da letto, oggi, con la consapevolezza di osservare uno dei tanti arturi possibili.
Sono le sei e mezza del mattino. Da qualche giorno l’arturo si sveglia a quest’ora e discende a quattro zampe dal suo confuso giaciglio, sbadigliando, stiracchiandosi e affilandosi le unghie sulla poltrona di vimini.
Facendo attenzione a non interferire con le sue attività mattutine, seguiamo l’arturo fino alla porta di casa, dove un’imponente consuelo lo attende, a peli ritti, sbarrandogli il passo in segno di sfida. È un magnifico esemplare. Ammiriamo, alla dovuta distanza, la lotta dell’arturo per la conquista della libertà. Brandelli di pelle si spandono nell’aere misti a sangue che imbratta le pareti – quella che noi chiamiamo crudeltà è normale amministrazione della natura – ma alla fine, con balzo felino, l’arturo artiglia il pomello e lo ruota, scalciando sulla consuelo acculata che lo tira per le zampe posteriori e che infine molla la presa. L’arturo sgattaiola via schiantando il portone sui cardini e sentendosi affibbiare alle spalle attributi di perversione.

Nel mese di febbraio 2014 il Cantiere di Letteratura Notturna ha scritto le avventure del doppiatore Arturo Mela alle prese con il doppiaggio di fiction e telenovelas. Arturo è il personaggio collettivo protagonista della nuova stagione del Cantiere e del progetto “Un libro in cantiere”, in collaborazione con Gorilla Sapiens Edizioni.

Ecco alcuni estratti dai racconti e alcune immagini (di Osvaldo Amari) del reading del 26 febbraio.

_MG_7828Da Su Rosendo non si può di Patrizia Berlicchi

– Dime che è uno dei tuoi scherzi estupidi Arturo, che oltretutto non me divertono per niente!
– Consuelo, è lavoro, lo capisci? Si tratta della mia, anzi, della nostra sopravvivenza: cose di nessun conto come l’affitto, la spesa , il tuo salario…
– Il mio cosa?!
– Vabbè, hai capito perfettamente…
– Oh, sì che ho capito! Hai la faccia tosta di dare la tua voz melensa a Rosendo Garcia, el protagonista assoluto de Paradiso mexicano! Ma come hai potuto farme questo?
– Consuelo, non ti permetto di offendermi così: sono un professionista io, e anche molto apprezzato!
– Ma fammi il piacere! Es como profanar un altare! Seguo Paradiso mexicano da quando ero una niña; Rosendo es el mio eroe: forte, impavido, bello como un dio greco, e ora vuoi che io me rassegni all’idea che abbia la tua voce? Sarai pure un professionista, ma el tuo talento es più che valorizado con i pannoloni Superlady, che invece hai schifato, lo scorso mese. Si capisce: il nostro professionista non può abasarse a doppiare una mutanda asciutta e soddisfatta, lui deve misurarse con il mio attore preferito!

_MG_8019

Da I Garcia Torres di Alice

E che cazzo, Arturo, sei un vecchio solo che si accompagna ad amicizie occasionali per far scendere meglio il rhum tra chiacchiere sterili. Sei uno sfigato di mezza età che vive con una donna che viene pagata per vivere con te. Ma che poi, mezza età? Che definizione di merda. Che poi la gente verso i cinquanta si crede davvero di essere al giro di boa che sta perfettamente a metà tra nascita e morte? Cioè, ci basiamo su una media aritmetica per definire una fascia di età? E dove li mettiamo i pesi a ponderarla? Tipo se uno fa uso di droghe portoricane da anni, se uno viene giornalmente annientato nella propria autostima da doppiaggi di televendite di cose inutili che manco uno riconosce a che cosa servono quando il tizio le tiene in mano e si sbraccia per descriverle? Ecco, siamo una società di mezze seghe, di mezza età con mezze relazioni qua è là.

_MG_7923

Da Di come Graziani aiutò Arturo a superare le sue superstizioni di Massimo Eternauta

– Arturo, sto per darti una grande notizia, una parte importante per la quale occorrerebbero capacità istrioniche. Non sono sicuro se di te mi posso fidare ma per questa vota fidiamoci.
Graziani era un fanatico di Febbre da cavallo e ne ripeteva le battute quasi a ogni sua frase in un vero e proprio tormentone. D’altronde, affermava, non esisteva una sola situazione nella vita che non si sarebbe potuta commentare prendendo a prestito una frase da quel film.
Ora doveva convincere Arturo a doppiare Bridge: l’assoluto protagonista della più celebre soap opera di tutti i tempi, la telenovela che da trentacinque anni stracciava tutti gli indici di ascolto in ogni angolo del pianeta.
Detto così, a una persona estranea al mondo del doppiaggio, potrebbe sembrare strano dover convincere qualcuno a prestare la propria voce a un personaggio tanto importante e longevo, fatto sta – tra i doppiatori era universalmente risaputo – Bridge portava sfiga.
Erano almeno duecento, a ogni latitudine, le voci che si erano succedute a causa di morti che definire naturali sarebbe mistificazione. Per esempio l’ultimo doppiatore italiano di Bridge era stato strangolato da una piovra nel centro di Parigi e si potevano annoverare, per gli altri, strani incidenti aerei, trombe d’aria, bombole del gas et similia. Per farla breve, nell’ambiente dei doppiatori, quando si nominava Bridge tutti si toccavano, platealmente. Anche le donne.
– Bridge! Arturo! Il personaggio più famoso al mondo! Mi dovrai ringraziare – disse Graziani come se fosse lui il primo a doversene convincere.
– Il suo doppiatore storico è andato in pensione…
– È morto – lo interruppe Arturo.

_MG_7959

Da Danke mutti di Anna Chiara Maccari

– Sai, la morte si supera. Voglio dire, non la tua, quella degli altri. Quando morì tuo padre tutte le mie amiche vedove mi dicevano di non angustiarmi. Dicevano che la scomparsa di un marito è come una grande botta al gomito, fa tanto male da piangere ma poi passa subito!
– Tuo figlio è morto.
– Non dire cosí… – apre e chiude freneticamente le ante degli armadi – a tutto c’è rimedio, col computer si fa tutto, magari trovano il modo di farti resuscitare usando vecchie immagini, potrebbero scoprire che hai un gemello eterozigota in Brasile con la stessa voce. Oppure ricorrere al vecchio trucco. Hai capito quale? Il personaggio ha un terribile incidente stradale e lo sottopongono a una chirurgia plastica che gli cambia i connotati. E lì voilà! Lo sostituiscono con un altro attore. L’hanno fatto anche a Beautiful 10 anni fa. Funziona, c’è il precedente!

_MG_7965

Da Cuore di Fuoco di Patrizio D’Amico

Così accadde, in maniera molto naturale, che Arturo si innamorò. Saliva le scale della metro, evitando come sempre quelle mobili perché troppo affollate. Nella direzione opposta scendeva immobile, perché in piedi sulle scale mobili, una donna che ad Arturo tolse il fiato. Occhi azzurri profondi volto roseo circondato da capelli rosso fuoco. Arturo si voltò di colpo e cominciò a scendere le scale che prima saliva, la raggiunse, le parlò. Fu tutto naturale. Nel giro di dieci minuti era innamorato, e aveva le frasi giuste da sussurrarle all’orecchio.
– Arturo.
– Che c’è, Consuelo?
– Arturo, ma mira bene la giovane. Es un…
– Uno splendore, non trovi anche tu Consuelo?
– In verdad es un…
– Un fiore raro, in un campo di inutili margherite.

_MG_8033

Da Action Viragos di Davide Predosin

– Sono pazza del suo scarno torace, ingegner Silloge, ma soprattutto delle sue mani: quadrate e vivaci come grossi francobolli francesi. 
– Florencia Livida…
– No Ingegnere, se vuole mantenere le distanze, perché teme un legame che, è sicuro, la soffocherebbe, la prego di non trascurare il mio matronimico. Foss’anche solo per dirmi, “Florencia Livida Aalinova, se ne esca all’istante dal mio stambugio e non vi faccia mai più ritorno”.
– Non sia così drammatica! I nostri sono pur sempre i migliori amplessi dai tempi di Gigi Rizzi e Ted Kennedy… non le permetterò di guastarci la festa.

Ma è terribile! – sbotta Consuelo scandalizzata, ridendo.
Devo memorizzarlo, Consuelo, fammi la Aalinova ancora dieci minuti.
Dame el copione. Com’è? Bella, esta Aalinova?
– Un tipo fa Arturo indicando la copertina di un giornale scandalistico in cui una donna di due metri con i capelli ricci posa tra le braccia di Scotty Pippen, glorioso difensore dei Chicago Bulls.

Nel mese di gennaio 2014 il Cantiere di Letteratura Notturna ha scritto le avventure del doppiatore Arturo Mela alle prese con il doppiaggio di televendite e predicatori. Arturo è il personaggio collettivo protagonista della nuova stagione del Cantiere e del progetto “Un libro in cantiere”, in collaborazione con Gorilla Sapiens Edizioni.

Ecco alcuni estratti dai racconti e alcune immagini del reading del 29 gennaio.

IMG_1806

Da Leellee Baato e la dottrina dell’Acume di Davide Predosin

– Ebbene sì: Maurizio Lupi, padre.
– Mio caro ragazzo, non puoi credere…
– Padre, non mi costringa a parlarle attraverso questa “cosa”… – lo interrompe Arturo tentando di forzare la grata del confessionale con un cacciavite.
– Facevi la stessa cosa da bambino. Ti prego Arturo, posa quel cacciavite.
– Potremmo raggiungere la Dalmazia ascoltando in macchina la registrazione dell’ultimo intervento ecumenico di J. J. Lucius. Che ne dice? Non faccia il “mobile antico”, su…
– Arturo, noterai che dietro di te i fedeli scalpitano. La tua non è che alienata protervia. Ti passerà non appena ti sarai frizionato le tempie con acqua e aceto.

IMG_1788

Arturo e il teflon di Massimo Eternauta

Arturo si esibiva in cucina di fronte a una Consuelo rassegnata: a ben altre cose le era capitato di assistere per via della personalità pirotecnica del suo datore di lavoro.
– La vedi questa padella, Consuelo? Guardala bene, fondo inox, due centimetri, manici termo aderenti in corno inglese classe ignifuga 1, rivestimento teflon undici strati, antigraffio a prova punta di coltello.
A supporto di quest’ultima affermazione Arturo, come il tizio della televendita che aveva doppiato quella mattina, prese un coltello da cucina e sfregiò la padella con foga belluina.
Il teflon venne via a grani grossi.
– Arturo – disse Consuelo.
– Sì – rispose Arturo con lo sguardo pallato.
– Ti hanno fregato.

IMG_1783

Da Il lavoro del futuro di Marco Lipford

I cugini Telma e Telonio a casa di Arturo non entravano da mesi, forse anni.
– Carino il tuo appartamento – disse Telma più per cortesia che altro.
– Ma tutte queste telecamere fisse? – domandò Telonio dopo aver dato uno sguardo intorno.
– Accomodatevi, accomodatevi pure nella mia cucina Franchettoni – disse il padrone di casa ignorandoli entrambi. – Bella, eh? Ripiani di marmo e cassetti di noce. E pensate, il tutto a 3300 euro!
– Interessante, – tagliò corto Telma, – ma siamo qui per parlarti di Nonna Lilla.
– Sta molto male, – precisò Telonio preoccupato.
– … IVA inclusa e tassi agevolati! – proseguì Arturo mentre appoggiato alla cucina ne accarezzava i ripiani con fare voluttuoso.
Telonio e Telma si scambiarono un fugace punto interrogativo. – È un po’ ormai che non ci sta con la testa, e noi pensiamo che…
– È il momento per un caffè! – li interruppe Arturo.

IMG_1793

Da Al mare di Patrizia Berlicchi

– Non dire una parola! Sono già abbastanza incazzata per conto mio: quel noventaocho de mierda è morto dopo tre fermate e me la sono fatta tutta a piedi, perciò questa mattina la colazione…
– È pronta, Consuelita: togliti il cappotto e mettiti a sedere: ecco qui, ristretto e senza zucchero come piace a te.
Arturo le cinse delicatamente le spalle e la condusse davanti al caffè fumante.
– Que pasa, Arturo? Me hai chiamato Consuelita solo un’altra volta: recuerdi? È stato quando hai buttato nel cesso l’anello de brillante della mia povera mamma. Per sbaglio, dicesti. Che hai combinato oggi?
– Ho preparato la colazione, mia cara! Bevi che si raffredda. Dopodiché hai dieci minuti per darti una rinfrescata e finalmente si va!
– Ma non dovresti essere già al lavoro?
– Non questa mattina…

IMG_1812

Da Il sudore di Dio di Alice

Sono almeno otto minuti che gli avambracci di Arturo incrociano quelli di Martino, l’amministrativo tuttofare nato, cresciuto e invecchiato in Fonourbis, quando ancora si chiamava Ecocenter. Fosse solo per gli avambracci, avrebbe accettato più sommessamente la costrizione, ma il coccige vs. coccige e la torsione plastica della spina dorsale sono troppo per un freelance del doppiaggio come lui. Mica un impiegato da contratto multiservizi, II livello, fascia D, sgravato di tasse grazie a leggi speciali degli anni ’80, come Martino. Che poi, una spina dorsale che s’inarca a conca non è prevista in natura, altrimenti c’avremmo avuto due perni roteanti al posto delle anche, pensa Arturo. La frustrazione della posizione e l’inutilità di quel tempo obbligato alla lezione Let’s coach together! di Mr Freewords U.S., voluta dalla dirigenza, ha una grande efficacia nel rendergli più detestabile il compagno di sventura. Sarà la prossimità dei corpi a fargli notare quanto volutamente fastidioso sia l’odore del collega, un mix tra acqua di colonia stantia, deodorante da discount e toner bruciato.
Ok guys, adesso lasciatevi andare, sentite il vostro peso soretto dalla schiena del vostro collega, close your eyes, air inside, inspirite! – esorta Mr Freewords dal fondo della sala riunioni, svuotata per l’occasione e trasformata in una grigia sala d’aerobica per impiegati fuori forma.
– Dai Arturo, stai sciolto! Appoggiati su di me che ti tengo! – lo incita Martino già piegato a 60°, fronte verso il pavimento.

IMG_1830

Da Masterpriest di Leonardo Battisti

– Non piangere, donna, non temere. Se ti penti, Dio sarà misericordioso.
– Me pento. Sì, Dio mio, me pento – disse Consuelo sinceramente contrita.
Arturo si fece scuro in volto. – Non nominare il nome di Dio invano, donna – fece, allungandole un ceffone dietro la nuca, – non vorrai mica far infuriare nostro signore per simili leggerezze? Ahahah, lui è grande, e grande è la sua misericordia come la sua ira. Può salvare la tua anima putrida se domandi perdono, o può giocarsela a dadi con Satana se lo offendi con l’insulsaggine dei tuoi peccati.
– Me pento. Sì, escusa Segnore, me pento.
– Brava – disse Arturo rabbuonendosi. – Vedi, Dio vi conosce, voi donne, ahahah. Siete la tentazione e l’inganno. I vostri corpi demoniaci trasudano peccato e pare che invochino a ogni movenza il castigo divino…
– Ma veramente me hai spogliato tu…
– Shhh! Zitta, – la interruppe Arturo – non rievocare il peccato, non rinsozzare la tua anima che a fatica s’incammina verso la purificazione.

IMG_1822

Da Paul Washer di Carlo Sperduti

– Alcuni di voi dicono: vedo dolore, sofferenza e futilità. C’è una spiegazione a tutto questo: Genesi, capitolo tre. Dio fece l’uomo buono e lo mise in un mondo perfetto, ma l’uomo disubbidì a Dio e quando cadde trascinò con sé l’intero mondo. Se guardi in Genesi, capitolo tre, vedi il giudizio di Dio sopra l’uomo caduto. Dice che l’uomo lavorerà senza un proposito…
Arturo sente la pelle del viso tirare a ogni sillaba, asciutta. Ammutolisce sfiancato. Avanza di due passi verso se stesso, rallentato dal sonno. Si guarda le borse sotto gli occhi: il destro gli lacrima di bruciore, venato di rosso e confuso quanto il sinistro. È quasi l’alba. Uno specchio e uno schermo, affiancati, non hanno nulla da dirsi, così mantengono le distanze. Arturo deve essere Paul Washer entro la mattinata di dopodomani. Deve esserlo senza un proposito, senza un giudizio. Lo specchio e lo schermo dovranno trovare un accordo. Lui dovrà lavorare.
Si dice: vedo dolore, sofferenza e futilità. C’è una spiegazione a tutto questo: Paul Washer, trentatré video per la televisione italiana. L’uomo inventò la comunicazione per rendere la vita migliore, ma vanificò la sua invenzione trascinando l’intero mondo nell’abisso. Se guardi in Paul Washer, vedi il giudizio dell’uomo sopra se stesso. Dice che l’intelligenza lavorerà senza un pubblico…

Nel mese di dicembre 2013 il Cantiere di Letteratura Notturna ha scritto le avventure del doppiatore Arturo Mela alle prese con il doppiaggio di film a luci rosse. Arturo è il personaggio collettivo protagonista della nuova stagione del Cantiere e del progetto “Un libro in cantiere”, in collaborazione con Gorilla Sapiens Edizioni.

Ecco alcuni estratti dai racconti e alcune immagini (di Osvaldo Amari) del reading del 22 dicembre, tenutosi durante la serata conclusiva del Culturino Mercatale 2013.

_MG_7532Da J. P. non scriveva solo stupide poesie d’amore di Gorilla 1

– E lei comincia a urlare “Prévert! Cet amour! Cet amour! Prévert!”
– Ma chi, lo spacciatore?
– Ma quale spacciatore, di che stai parlando? Il poeta!
– Ma che poeta, di che stai parlando?
– Allora te lo spiego un’altra volta, ogni volta che lei…

Viene a trovarsi sempre nella stessa situazione. Lei bellissima, seducente, pronta. E lui lì attonito, non riesce a spiccicare parola.
– Devi solo fare dei versi, Mela. Che ti prende?
Il direttore del doppiaggio stavolta è un tipo elegante. Del resto si tratta di porno francese, per forza deve essere raffinato.
– Tu leggi troppi romanzi d’amore –, gli dice dopo un po’, con un sospiro di comprensione.
– No, è che lei… – comincia Arturo, riprendendosi dallo stato catatonico. – Lei è diversa dalle altre. È una vera artista. O meglio, ha un’anima d’artista, non credi? Questa cosa della poesia poi…
– Eh la poesia, la poesia! Sapessi quanti ne ha tirati su… di soldi con questa storia. Ha creato un sottogenere, un gusto di nicchia –, continua quasi borbottando tra sé e sé. – E tutto solo perché ogni volta che…

_MG_7482

Da Di come Arturo si fece riconoscere da tutti di Massimo Eternauta

La Ultraphono occupava un palazzo di dieci piani, sotterranei compresi, grande quanto un isolato e per il momento lui non era andato oltre il piano terra. Prese l’ascensore e scese allo stesso piano dell’unica persona che era salita con lui e scelse la direzione opposta a quella presa da quest’unica persona che era salita con lui. La sinistra.
La sinistra la prese lui, non la persona che era salita con lui.
Alla prima porta aperta si infilò di profilo e chiese dove si trovassero gli studi di ripresa dei film porno – disse proprio porno – e che lui era un attore e che si era perso, però non gli rispose nessuno perché in quella stanza con la porta aperta non c’era nessuno.

_MG_7495Da La bella addormentata su Fosco di Patrizia Berlicchi

Arturo era seduto al tavolo del cucinino da un tempo indefinito, immobile davanti alla tazza della colazione piena di rum, la sigaretta accesa abbandonata sul posacenere e lo sguardo intento a contemplare “cose che voi umani…”. L’arrivo di Consuelo, di ritorno dal supermercato, lo distolse dai suoi tormentati pensieri.
– Tra un poco si cena; como te salta in mente de bere esta mierda?!
– Non mi scassare, Consuelo, e soprattutto non trattarmi come se avessi sei anni. Non ho fame stasera.
– Que pasa? Coraggio, lo so che hai combinato qualche casino.
– Ma di che casino vai blaterando?
Solo allora Consuelo si accorse della pila di fogli in fondo al tavolo, seminascosta da tabacco, cartine e accessori vari dedicati al vizio.
– Quello es el nostro proximo stipendio?
– Manco se m’ammazzano! Stavolta hanno passato il limite. Sono un professionista, io. Mi sono dimostrato all’altezza di qualsiasi ruolo: ho doppiato senza battere ciglio un acaro schifoso, un mago scemo, un morto, uno struzzo sfigato e persino un comodino, e l’ho fatto senza mai scompormi, con la serietà e la dedizione che mi contraddistinguono… questo lo sanno molto bene i signori della Fonourbis! E ora cosa fanno, per ringraziarmi?
Arturo afferrò la risma di fogli e la scaraventò per terra, proprio sulla grossa busta della spesa di Consuelo.
– Che cosa c’è che non va esta vez?
– C’è che La bella addormentata su Fosco non avrà la mia voce.

_MG_7627

Da Arturo Mela doppiatore di Maurizio Ponziani

“Mi sentirei più utile se facessi un numero di mimo alla radio… e poi tutta questa pornografia, più che liberazione sessuale, mi sembra l’altra faccia del moralismo perbenista. Quasi quasi, mando affanculo tutti e me ne vado. Sì sì, me ne vado a spasso. Mi spupazzo un bel gelato, e poi me ne vado in libreria. Ho proprio bisogno di leggere una bella storia d’amore.”
Invece restò. Lavorò. Doppiò. Guadagnò.
Di amore là non ce n’era. Si intristì e alienò.

_MG_7673Da Arturo Mela e bei porno andati di Davide Predosin

– Come sta?
– Meglio, ma è ancora sotto shock – risponde il medico scrutando con una pila le pupille di Arturo; pallido, gli occhi sbarrati rivolti al soffitto.
– Ma come è possibile? Un uomo adulto, anche se solo, deve pur aver visto… almeno una volta… con gli amici… – osserva il regista incredulo.
– Ah certo! Gli faccio da balia ormai da quasi dieci anni.  Ma è abituato, secondo me, alla pornografia degli anni ’80, vezzosa, manierista, barocca.
– Sembra informata – osserva il regista guardando più attentamente Consuelo.
– Be’ adesso ho una certa età… ma…
– Non dica così! Lei è giovane!
Arturo scatta come un cobra, afferra il regista per il collo e gli intima: – La smetta di insidiare la mia governante – quindi molla la presa e si stende di nuovo come se nulla fosse.

_MG_7523

Da Popeye, Popeye! di Marco Lipford

Dopo cinque minuti Arturo sudava ed era già visibilmente eccitato, ma non per quanto andava avanti sullo schermo. Nella solitudine di casa sua Arturo avrebbe certo seguito il film rapito, ma quella sera, lì in sala, era diverso: non avrebbe mai immaginato di quali urla repentine, di quali gemiti felini fosse capace Lisetta. La sentiva persino attraverso la cuffia! E lui, nella parte del datore di lavoro, trovava la situazione dir poco inebriante, un contrappasso al contrario: era un parziale risarcimento di tutte le volte che aveva dovuto pagarle il pranzo; o delle volte che lo umiliava davanti ai colleghi per un attacco sbagliato. Il direttore del doppiaggio a fine sessione si complimentò.
– Ottimo lavoro Mela, si vede che lei è un esperto in materia.
Al che Arturo rispose:
– Be’, l’arte amatoria in effetti tira fuori il meglio di me…
– Ma no, intendevo di filmini a luci rosse! – rettificò l’altro, e li salutò.
Negli occhi di Lisetta c’era uno stupore compiaciuto.
– Ma sei stato bravissimo! Dai, andiamo a mangiare una cosa, offro io.

_MG_7487Da Di come Arturo trovò un ottimo contratto e si rovinò la vita di Massimo Eternauta

Erano poche le cose che Arturo avrebbe scambiato con il piacere di stare rilassato sulla sua vecchia e comoda poltrona fumando un Montecristo Tubos n. 3, con il pensiero libero di vagare sul  prossimo lavoro e sulle opportunità che questo gli offriva.
Si trattava di un film pornografico di produzione indiana destinato al mercato occidentale, dato che sul mercato interno il produttore e tutti gli attori avrebbero rischiato la pena di morte solo a parlarne.
Graziani, il direttore del doppiaggio, gli aveva parlato di una produzione in grande stile dove non si era badato a spese.
– Pensi – gli aveva detto – ci sono perfino degli attori che non sono coinvolti nelle scene erotiche, un vero spreco di denaro. Lei interpreterà uno di questi, niente mugolii, dunque, ma vere e proprie frasi che fanno da collante a tutto lo svolgersi del racconto – e quasi non riuscisse a credere alle sue stesse parole aggiunse: – in questo film c’è addirittura una trama!
Poi, dato che ancora non era riuscito a suscitare l’entusiasmo di Arturo, di cui erano evidenti delusione e perplessità, il direttore aveva tirato fuori il suo asso nella manica.
– Questo film – gli disse – è finanziato, con fondi neri, dal ministero per la salute degli indiani all’estero. Come noterà gli interpreti sono tutti ipodotati.
– E questo cosa c’entra? – chiese Arturo in un guizzo d’interesse.

Nel mese di novembre 2013 il Cantiere di Letteratura Notturna ha scritto le avventure del doppiatore Arturo Mela alle prese con il doppiaggio di cartoni animati. Arturo è il personaggio collettivo protagonista della nuova stagione del Cantiere e del progetto “Un libro in cantiere”, in collaborazione con Gorilla Sapiens Edizioni.

Ecco alcuni estratti dai racconti e alcune immagini del reading del 27 novembre.

IMG_1614

Da Coccodrillo Re di Davide Predosin

– Allora, Apple…
– Non chiamarmi Apple, ti prego.
– Ok Arty, questo è il soggetto: una mummia egizia mezzo spappolata, catorcio di bende secche e puzzolenti, un bel giorno, stufa di giacere stecchita, tenta di scatto di mettersi a  sedere, sbatte violentemente la testa contro il sarcofago e ripiomba  in un ancor più misteriosa e postuma seconda morte. Dopo un altro millennio si risveglia e, memore del trauma occorso, riesce con pazienza certosina a forzare il sarcofago, si mette a sedere, si toglie le bende dagli occhi e rimane di sasso. Vede attorno a sé, infatti, tutti gli oggetti che secondo tradizione erano stati disposti attorno al sarcofago per accompagnarla nell’aldilà, ma si rende conto che le imbarcazioni, l’esercito, gli schiavi sono ancora minuscoli, inerti; nient’altro che vile e inutile oggettistica di terracotta. Solo le monete, chissà, potrebbero tornarle utili, pensa. Ne prende una manciata, le ripone tra le bende nel ventre vuoto e, gattoni, attraverso innumerevoli cunicoli, se ne esce dalla piramide. Sola, senza un regno o sudditi, scoprirà a breve di essere a Londra nell’anno 2234.
– Io dovrei doppiare una mummia che si risveglia e fugge dal British Museum nel 2234?
– Esatto, sarà esilarante vedrai…
– In che modo, sarà esilarante?

IMG_1610

Da Il metodo Maurìce di Carlo Sperduti

– Salve a tutti e a tutte, mi chiamo Maurìce.
– Mau…?!
– … rìce… Come forse già sapete, vengo per conto di Anna e Barbara per farvi da insegnante, per così dire, è vero, nel corso di aggiornamento sul doppiaggio de Lo struzzo che corre un casino e il suo antagonista Willy il coglione. Le prime novità dell’ultima serie consistono nella semplificazione del titolo e nella modifica di un tempo verbale. Questo perché il pubblico, è vero, richiede sempre più immediatezza e ritmo, è ormai avvezzo alle logiche dell’intrattenimento audiovisivo e comincia ad avere in odio, è vero, i contenuti troppo didascalici; inoltre non ha più bisogno di storie dal passato, ma vuole che si parli del qui e ora, di qualcosa che può riguardare tutti da vicino. Per queste ragioni Le rocambolesche quotidiane occorrenze desertiche dello struzzo che correva come se non ci fosse un domani e del suo malconcio ed emaciato aspirante catturatore Willy il poco di buono risulta un titolo non più spendibile, per quanto, è vero, geniale.
Arturo tossicchiò.
– Come? – chiese Maurìce.
Arturo tossicchiò.
– Capisco, – concesse Maurìce, – ma non è così che va fatto. Willy il coglione, è vero, va interpretato con meno grazia e più timidezza, più impaccio… provi a pensare di essere sorpreso dalla migliore amica della sua nuova ragazza, per cui prova un’irrefrenabile attrazione fisica, mentre visiona un video hard casualmente scovato in rete di cui sia proprio lei, la migliore amica, è vero, protagonista. Su, provi.
Arturo tossicchiò.

IMG_1605

Da Linea Interrotta di Marco Parlato

La voglia di gelato era così forte che non gli sembrava vero trovarsi di fronte a una coppa gigante fondente e pistacchio con tanto di cialda triangolare, croccante Excalibur da estrarre con cautela.
Addirittura faticava a rimettere insieme l’ultimo quarto d’ora, durante il quale aveva raggiunto la gelateria più vicina, acquistato svelto il gelato per poi rientrare in casa e servirselo in cucina. No, non era andata così. Era un’illusione per non ammettere ciò che aveva appena visto: una matita gigante si era materializzata in cucina e aveva disegnato il dessert.
Riavutosi dai suoi pensieri pronunciò un Aaah di sorpresa, più acuto del solito. Divorò tutto, conservando per ultimo uno spicchio di cialda, da ingollare insieme al gelato sciolto sul fondo.
Soddisfatto, scese rapido in strada per una passeggiata serale. Oltre il portone rimpianse di non avere preso i sigari. Ecco, però, che la matita comparve ancora, tratteggiandogli un Havana sul palmo aperto.

IMG_1603

Da Questione di magia di Patrizia Berlicchi

– Che succede?! – lo interrogò Serena piantandogli addosso uno sguardo impaurito.
– Tranquilla, cara: è solo un calo di tensione. – ribatté Arturo, senza avere la men che minima idea di cosa stesse dicendo.
– Adesso riparte, vedrai.
Ma l’ascensore non si mosse, proprio come gli occhi di Serena su di lui, che ora erano diventati inspiegabilmente accusatori.
– Non c’è proprio nulla di cui preoccuparsi; la luce non è mica… – non fece in tempo a formulare la frase che si trovarono al buio.
– Ho paura! – iniziò a piagnucolare Serena – Voglio uscire di qui, fammi uscire per favore!
Arturo annaspò: era terrorizzato dal buio fin da quando era bambino e dormiva sempre con una piccola luce accesa nella stanza, ma dovette fare buon viso a cattivo gioco; spinse il pulsante dell’allarme e si schiarì la voce:
– Serena, fidati di me: ti prometto che presto usciremo da questo ascensore.
– E come?! Voglio proprio sapere COME FARAI!

IMG_1599

Da Ciao ciao di Leonardo Battisti

– Mela mi guardi, – disse tornando a rivolgersi ad Arturo – mi ascolti – e lo afferrò per il colletto della camicia – lei sta prendendo troppo sul serio le vicende di Tinky Winky e gli altri Teletubbies.
– No, non capisce. Io ho gli incubi. L’altra notte mi sono svegliato con la voglia di fare una palla di neve, ho preso i calzini dal cassetto e ho iniziato ad arrotolarli uno dopo l’altro, uno attaccato all’altro, finché non è venuto fuori questo moloch di spugna e cotone. Me lo sono abbracciato e sono rimasto fino al mattino a gridare felice “morbida la neve, tenera la neve, bianca la neve!”, finché non è arrivata la mia governante portoricana, che è stata costretta, per farmi tornare in me, ad avvolgere il fermaporta di marmo in uno strofinaccio della cucina e a darmelo sulla schiena.

IMG_1597

Da Di come Arturo scoprì tante cose e trovò la sua missione di Massimo Eternauta

– Lo sa a chi appartiene la Ultraphono? Ai servizi segreti! – urlò improvvisamente e sempre nell’orecchio di Arturo, assordandolo. – Bolliwood è una bomba innescata pronta a esplodere.
– Ma chi vuole che guardi i film indiani, sono terribili – disse Arturo beffardo.
– Appunto, una bomba – disse il regista cominciando ad agitarsi. – Si immagina?
Arturo non immaginava.
– Pensi che sono finanziati in maniera occulta dalla CIA.
– Chi?
– Ma come chi? Gli indiani! La CIA finanzia Bolliwood per non farla fallire.
– E perché? – chiese Arturo in automatico ma senza convinzione.
– Ma lo sa, lei, quanti sono gli indiani? Due miliardi sono, ecco quanti sono, e di questi almeno cento milioni lavorano nel cinema tra attori, comparse, registi, sceneggiatori, truccatori, fonici, cameramen, barellieri, DOPPIATORI!
Ad Arturo non tornava la storia dei barellieri ma decise di non indagare.
– Immagini – riprese il regista sventolando la mano destra ad aprire una porta immaginaria sul mondo – immagini lo tsunami che provocherebbe il fallimento del cinema indiano.
– Cento milioni di disoccupati – tentò Arturo.
– Macché! – esclamò il regista. – Qui la volevo! Magari fosse così semplice! Importa un cazzo a me dei disoccupati a bersi l’acqua del Gange, ma oggi c’è la Globalizzazione!

Nel mese di ottobre 2013 il Cantiere di Letteratura Notturna ha scritto le prime avventure del doppiatore Arturo Mela, il personaggio collettivo protagonista della nuova stagione e del progetto “Un libro in cantiere”, in collaborazione con Gorilla Sapiens Edizioni.

Ecco alcuni estratti dai racconti e alcune immagini del reading del 30 ottobre.

DSCN5002Da Arturo di Massimo Eternauta

Certo – si diceva Arturo – la sorte è stata veramente avara con me, eppure avrei i numeri per interpretare i personaggi più disparati.
Quando vedo certe sciacquette prendersi parti da protagoniste in capolavori della letteratura o quei zucchinoni tutti muscoli e niente cervello che vanno da un set a un altro,  mi viene una rabbia…
Cos’ha più di me quel tizio a cui è capitato di fare il protagonista in taxi driver? E quanta boria poi!
Per quelle quattro cazzate che ha detto: “Che dici a me?”, “Stai parlando con me?”
“Con quello la sorte è stata benigna” pensava Arturo roso dall’invidia. Un disoccupato mezzo matto che fa il tassista va via come il pane nel cinema d’autore.
Con me il destino è stato diverso. Non ricordo neanche più dell’ultima volta che ho calcato le scene.

DSCN4949

Da Silenzio! Parla Arturo di Alice

LE PARANOIE DELLA SECONDA DOMENICA DEL MESE, per ordine di arrivo sono: il puzzo di piscio, le carte consunte della briscola, l’ago della flebo sempre in bilico, l’infermiera strabica, i pavimenti in linoleum, la consistenza della mela cotta, il Figlio, il Padre.
Le azioni sono diventate un automatismo fine a se stesso: Arturo parcheggia la macchina il più vicino possibile all’ingresso, Arturo si avvicina alla reception e autografa il libro delle visite, Arturo aspetta Vittorio stravaccato sulla poltrona imbottita. Vittorio a quell’ora è alla seduta di fisioterapia e quando torna, la seconda domenica del mese, trova Arturo. Sempre. C’è un senso di sicurezza in quel ripetersi che ad Arturo, in fondo, non dispiace.
– Allora, ti hanno stiracchiato per bene di là in palestra? Ti vedo in forma Vitto’.
– Eh… – accenna lui.
Arturo recita il copione. Ogni seconda domenica del mese gli argomenti sono: 1. Fisioterapia, 2. Briscola, 3. Pranzo, 4. Le domandine, 5. il Commiato.

DSCN5003

Da BigBlue di Patrizio D’Amico

Sono giorni che Arturo, vagando per la città, vede bambini che mangiano con foga, riempiendosi la bocca e sporcandosi la faccia con quel liquido bluastro, il ripieno della BigBlue. Un concentrato di sorbitolo, mannitolo, sciroppo di maltitolo, aspartame, acesulfame k, residui di gusci di noci, conservanti, coagulanti, antiossidanti e coloranti di tutti i tipi che si insinuano nei corpicini di marmocchi e marmocchie ignari di quanto tutto quel godimento li farà stare male. Lo slogan della BigBlue, che ha ripetuto in studio fino allo sfinimento con tutte le tonalità richieste dal cliente, è: “BigBlue, tutti i gusti e uno in più!”. Un coccodrillo di peluche animato in computer grafica sfreccia su uno skateboard, raggiungendo la sua amata coccodrilla fucsia, che lo attende sui rollerblade, e mugugna soddisfatta appena lui si avvicina. Uno spot che va in onda nelle fasce orarie dei cartoni animati, a ripetizione, bombardando piccoli cervelli mallelabili, potenziali acquirenti. Arturo immagina orde di bimbi, come zombie abbindolati alla ricerca di carne umana, entrare nei bar e nei supermercati urlando: “BigBlue BigBlue!” Quella stessa mattina aveva persino sentito un barista che rispondeva al bambino urlante: “Eccolo, tutti i gusti e uno in più”.

DSCN4977

Da Prima del ciak di Daniela Peruzzo

– Ciao Arturo, abbiamo scritto una cosetta tutti insieme, vuoi ascoltarla?
Arturo fece un cenno di assenso, deglutendo un poco, senza farsi vedere.
Arturo Mela non era particolarmente bello, è vero, non era neanche particolarmente intelligente, occorre ammetterlo. Anzi forse era addirittura un po’ scemo. Ma era un gran pallonaro e per questo noi tutti lo amavamo.
– Che ne dici, Artu’? Ti piace?
– Bello, Gianni, sono commosso, magari di quel po’ scemo se ne potrebbe pure fare a meno, pensiamoci – fece Arturo mentre l’altro già s’era allontanato con espressione ispirata…
C’era pure Consuelo, in un angolo, un po’ commossa, riservata, silenziosa come Arturo non l’aveva vista mai.
– Adios, Arturo.
– Adios in spagnolo vuol dire arrivederci, vero Consuelo? Rispondi per favore, amica mia, non mi lasciare così, senza una parola. – Ma quella taceva, taceva e guardava in basso.
E poi c’era Elena, il suo ultimo, grande amore.

DSCN5009

Da Lisetta lo scoiattolo di Marco Lipford

Ma chérie! Mi sono permesso di portarti questa – disse Arturo una volta seduti al tavolo, e porse alla donna una rosa lillà. – Crescono nella siepe di una villa a due isolati da qui. L’ho rubata per te.
In effetti l’aveva rubata, sì, ma da un vaso vicino a una targa funeraria all’angolo della piazza. Lisetta non fece una piega. Prese la rosa e finse di annusarla. Lo fissò.
– E così sei qui per lo spot di Béstial? – domandò, e prese un sorso del suo vino bianco.
Ouuui! Per il profumo francese, le parfum pour homme! Sai, ho una certa esperienza ormai nel campo pubblicitario, ma non solo. E credo proprio di fare al caso della produzione.
Lisetta sgranò gli occhi e fece un ghigno. – Ah sì? Per chi hai lavorato? Racconta.
Arturo Mela, calato ormai nella parte si esibì in una serie di slogan storici, da “Centro Convenienza il preferito di Enza” a “Plantari contropiede, e l’odore non si vede”, passando per quello delle cucine Carloni a quello celebre delle Salse Agresti. E lì, sul bel viso di Lisetta si disegnò una nota stonata. – Bugiardo! – urlò. Arturo fu strappato al suo delirio.
– Le Salse Agresti lo ha fatto Mario Tedeschini Rolli, e lo so per certo perché è un mio grande amico.

DSCN4983Da Clic di Leonardo Battisti

Clic.
Il tavolo si rovescia di colpo e si liquefa sul pavimento trasformandosi in un mare cristallino. Sotto i suoi piedi una sabbia bianca bollente e, alzando gli occhi dagli alluci abbronzati, una strafiga mora e una bionda che gli sorridono con un sorriso che non è un sorriso, ma l’idea che Renzo Piano ha del sorriso. Approssimandosi, le due incantatrici di ormoni gli porgono rispettivamente una Pipperina e una Pipperina light. – Oddio, sì! – pensa Arturo, che però per l’eccitazione inconsapevolmente muove la mano sul mouse e…
Clic.
Il mare diventa una strada provinciale tortuosa ma larga, una di quelle che si vedono in Corsica o in costa azzurra, che salgono fino a paesi arroccati su colline erte e brulle famosi per qualche grand hotel o casinò dove ogni sera c’è una festa in piscina. Arturo sfreccia disegnando i tornanti nella sua Mini Maxima nera fiammante, largo in entrata, stretto a centro curva, dopo aver scalato la marcia e ripreso col destro il pedale dell’acceleratore. Accanto a sé c’è la mora di prima, con un tubino rosa e uno strettissimo calzoncino jeans talmente corto da lasciarle scoperti gli ultimi lembi, sodi e compressi, delle chiappe. Uno sguardo allo specchietto retrovisore e to’, la bionda è sul sedile di dietro che si riassetta il trucco senza minimamente accusare gli sbalzi delle curve. – Gesù, Giuseppe e Maria! – esclama dentro di sé Arturo che nel tentativo di azionare l’autoradio ripreme inavvertitamente il…
Clic.
È l’alba di colpo. Arturo si alza dal letto enorme. Accanto, ancora intorpidite dal sonno, dormono beate la mora e la bionda di prima.

DSCN4996

di Massimo Eternauta

Sono il classico pezzo di merda. Almeno così, sono sicuro, mi definisce la maggior parte delle persone che hanno a che vedere con me, che capitano sulla mia strada, quelli che mi pestano i piedi e quelli a cui li pesto io.
Per fortuna i secondi sono più numerosi dei primi.
Sono quello che fa dell’abuso di potere un sistema di vita, uso il tesserino per arrotondare lo stipendio.
Essere stronzo non ha favorito la mia carriera nella polizia forse perché non lo sono stato abbastanza ma soprattutto perché sono un cane sciolto, uno che non condivide, uno che si muove da solo.
Il mio controllo del territorio però è totale, ed è per questo motivo che non mi hanno cacciato, sono capace di mantenere “l’ordine”, niente furti, niente sparatorie, niente scippi, niente di niente.
In questo clima a prosperare sono i veri cattivoni, la malavita organizzata, quelli “niente casini, niente guardie”.
Per le guardie, poi, niente casini niente lavoro e gli abitanti del quartiere sono felici di potersi dedicare con passione alle liti condominiali senza altri pensieri.
Insomma tutti contenti.
Certo, ogni tanto qualche cattivone deve sacrificarsi affinché le guardie non mettano troppo il naso in certe vicende, perché nessuno si insospettisca, perché tutto rimanga come prima.
Allora se c’è qualcuno da arrestare l’arresto io dopo che loro hanno scelto a chi tocca, di chi possono fare a meno per un anno o due, chi non abbia troppi precedenti o una famiglia troppo numerosa.
Dentro starà bene, rispettato e riverito; al ritorno in quartiere si godrà il suo momento di gloria e di riconoscenza.
Con un divorzio alle spalle e tre figli all’università mi devo dare molto da fare, il mio lavoro non termina con l’orario d’ufficio.
Mezzo quartiere mi paga per farmi gli affari miei e per continuare a fare i propri, ambulanti abusivi, edili senza licenza, commercianti, spacciatori, rapinatori, prostitute, magnaccia ecc. ecc.
Tengo tutto a mente, non ho un’agenda (sarebbe pericoloso), non ho un computer (peggio dell’agenda), non ho numeri sul cellulare che non siano quelli della famiglia e dei colleghi. Tutti i miei affari si svolgono faccia a faccia, pugni in faccia, pistola nel costato, calcio della pistola contro la mandibola.
Sono grosso, sono il più grosso, e anche se ormai prossimo alla pensione sono anche il più violento.
Accetto pagamenti di ogni genere anche se preferisco sempre il contante, ma non disdegno essere pagato in natura, dalla frutta alla cocaina, dai televisori ai pompini.
Ogni mio cliente deve essere blandito o umiliato a seconda del suo mestiere o del livello al quale lo esercita.
I magnaccia che arrivano per la prima volta nella mia zona li pesto a sangue davanti alle prostitute che pretendono di proteggere; agli spacciatori alle prime armi sequestro la merce e li obbligo a ricomprarla da me; ai grossi fornitori di droghe mando soffiate sui movimenti della narcotici: a ognuno il suo secondo un sistema meritocratico di cui sono l’unico giudice.
Quando lo vidi riverso sulla sua bancarella con dentro il corpo più piombo che sangue, per la prima volta una vicenda diventava una questione personale.
Non mi era mai capitato sul lavoro, non era professionale e nel mio mestiere a non essere professionali ci si rimette presto la pelle.
Mi doveva 15.000 euro, se c’era qualcuno che lo doveva far fuori quello dovevo essere io.
La verità era che avevo un debole per lui: vendeva libri e i libri, da quando l’avevo conosciuto, erano diventati gli unici compagni fedeli della mia vita.
Vent’anni prima, quando aveva aperto la sua bancarella ai confini del mio territorio – una di quelle con il tetto spiovente che di notte si chiudono con piccole saracinesche – gli avevo fatto notare che la sua licenza non indicava proprio quello spazio e gli avevo raccontato di quanto possono essere stronzi certi vigili e che io li conoscevo tutti e così via con le solite stronzate.
Lui per tutta risposta, senza smettere di ordinare la merce, tirandola fuori dagli scatoloni e sistemandola sul banco, trovò il momento di guardarmi negli occhi attraverso le lenti spesse un dito e dirmi che a lui non fregava un cazzo né dei vigili né delle guardie e finanche del Papa.
Lui vendeva libri, aveva scelto quel posto e se qualcuno gli avesse rotto i coglioni sarebbe andato da un’altra parte perché tutto quello che aveva era il suo furgone e la sua bancarella, e entrambi avevano le ruote.
Non gli mancava però l’intelligenza per capire che mi stavo trattenendo dal dargli un calcio dove fa più male: del Papa non gliene fregava ma dei suoi coglioni, sono sicuro, qualcosa gli importava.
– Le piace leggere? – mi disse, prendendomi alla sprovvista, mentre spolverava un libro con il palmo della mano.
Mentre cercavo una risposta sarcastica che avesse, una volta per tutte, stabilito i rapporti tra noi, mi mise in mano un libro: Delitto e castigo.
– Glielo regalo, – mi disse, – le piacerà.
Rimasi muto come uno stronzo: di regali non ne ricevevo dalla prima comunione.
Imparai presto che il libraio era una persona libera e una persona libera non ha paura di niente perché non è attaccato a niente.
Cercai di ricordare quando era stata l’ultima volta che avevo letto un libro ma non riuscii a ricordare neanche di che libro si trattasse.
Quella sera, tornai a casa da una famiglia del tutto ignara di come passassi il mio tempo e, dopo cena, mi misi a leggere tra lo stupore generale. Che non fossi un intellettuale l’avevano capito e di lì a poco mia moglie avrebbe capito anche il resto, mi avrebbe lasciato e si sarebbe portata via i figli.
Quella notte continuai a leggere e così feci per tutto il giorno successivo e il giorno dopo ancora finché non finii il libro.
Cominciò la mia vita da lettore.
Ogni settimana il libraio mi regalava un libro nuovo come fosse un patto tra me che lo “proteggevo” e lui che mi formava senza che ci fosse però sottomissione da parte sua: non era il mio compenso ma un regalo.
Perché lo facesse lo ignoro e sebbene tra noi, in tutti questi anni, furono ben pochi gli scambi di parole, il nostro rapporto era cordiale e posso dire che il libraio fosse il mio unico amico.
Con il tempo cominciai a essere io a scegliere i libri da leggere e, in quel caso, anche a pagarli mentre continuavo ad accettare quelli che mi proponeva lui.
I libri non cambiarono di una virgola i miei comportamenti ma cambiarono la concezione che avevo di me.
Prima mi credevo un dio, ora avevo capito di essere solo un pezzo di merda.
Compresi l’odio dei miei figli e di mia moglie, il disprezzo dei miei colleghi e le loro ragioni.
Avrei dovuto ucciderlo, invece gli ero grato.
La conoscenza di se stessi è la conquista più grande.
Al libraio, nel tempo, avevo addirittura cominciato a prestare dei soldi, derogando a tutti i miei principi.
Non aveva famiglia, il furgone e la bancarella erano tutto ciò che possedeva e quando gli affari andavano male, puntualmente il furgone si guastava, i libri si bagnavano e così via, tanto per confermare che le disgrazie non vengono mai sole.
Sapevo tutto di lui: era il mio mestiere, e mi ritrovavo a prestargli soldi senza che me li chiedesse, e questo non era il mio mestiere.
Restai ore a guardarlo, lì, riverso sul suo baracchino.
Restai tutto il tempo che i miei colleghi impiegarono a svolgere le loro faccende intorno al suo corpo privo di vita.
Restai fino a quando lo portarono via.
Restai a guardare la sua bancarella mentre il sole tramontava, poi posai il libro che avevo con me, lo misi in ordine insieme agli altri e presi il libro che volevo leggere e per il quale, quella mattina, ero arrivato fin lì.
Presi le sue chiavi – sapevo dove le teneva – chiusi le piccole serrande che proteggevano i libri più dalla pioggia che dai ladri, chiusi il furgone e me ne tornai a casa.
Quella notte non chiusi occhio, i pensieri mi si affollavano nella mente senza soluzione di continuità, senza che uno solo di questi mi desse una spiegazione plausibile.
Nei giorni che seguirono avevo un solo scopo: scoprire chi aveva ucciso il mio amico.
Lo feci in maniera evasiva, mascherando il mio interesse, ma mai come ora le bocche erano cucite.
Sembrava che il libraio non fosse mai esistito, che nessuno lo conoscesse.
Dalla scientifica venni a sapere il calibro dei colpi esplosi ma anche da quello potevo trarre ben poche indicazioni, trattandosi dei proiettili più comuni che fossero in commercio.
Poi la vidi.
La vidi camminare per strada con un braccio ingessato e gli occhiali da sole a coprirle il grosso ematoma che dall’occhio si sviluppava su tutta la parte sinistra del viso.
Era la moglie del capo.
Lo chiamavano il grossista, era quello che riforniva la cocaina a mezza provincia.
La vidi comprare i libri alla bancarella, la vidi parlare con il libraio, la vidi sorridergli, la vidi tenergli la mano quell’istante di troppo mentre si salutavano.
Il mio amico, con i suoi libri, aveva cambiato anche la sua, di vita, l’aveva portata a sognare un mondo diverso da quello di una giovane donna segregata in casa e circondata da ignoranza e violenza.
Il passaggio dai libri al libraio era stato breve e naturale ed era durato fino a quando il marito non si era visto le corna nello specchio.
Lo feci arrestare insieme a gran parte della sua banda e fu facile, perché si sentivano al sicuro, coperti da me: fare il Giuda non è mai stato così piacevole.
Mi hanno dato una medaglia, uno scatto di grado e il pensionamento anticipato.
Il commissario non riusciva a capacitarsi di come un pezzo di merda come me avesse potuto fare un colpo così grosso e colse l’occasione per togliermisi da davanti agli occhi.
Promoveatur ut amoveatur.
Ora vivo sotto una falsa identità, vivo la mia seconda vita: sono diventato un libraio.
Avevo deciso che la bancarella e il furgone mi appartenevano e me li sono presi.
Mi sono trasferito in questa cittadina in riva al mare, il mio posto è in fondo a un pontile che entra nel mare come una lingua di terra.
È il posto dove vengono a passeggiare le famiglie con i bambini, a pomiciare gli innamorati, a gettare la lenza i pescatori, a vendere i palloncini gli ambulanti e ci sono anche io con i miei libri, che piova o ci sia il sole come questa mattina d’inizio primavera.
Li ho visti appena sono scesi dall’auto.
L’autista è rimasto a bordo, ad aspettarli, a cento metri da me, lì dove il pontile poggia ancora sulla terra ferma.
Ci hanno messo due anni per trovarmi, sono un po’ deluso ma forse non avevano fretta.
Li aspettavo.
Sono così vistosi in mezzo alla folla che mi fanno tenerezza: indossano la divisa da killer.
Sono seduto dietro la mia bancarella con un libro in mano e tutto il tempo per prendere la pistola che tengo agganciata sotto il tavolo.
Non ho sensi di colpa, non credo nella morte come espiazione. Anzi, credo che se si vuole riparare ai torti fatti occorre vivere, impegnarsi per fare qualcosa di buono nel tempo che ci rimane e io, di tempo, ne ho bisogno parecchio.
Il primo a cui sparerò non si renderà conto di nulla, il secondo sarà più sfortunato perché quella frazione di tempo che passerà prima che esploda il secondo colpo gli sarà sufficiente a capire di essere il prossimo.
Forse farà in tempo a pisciarsi addosso.
Per questo scelgo il più simpatico tra i due.
Mi preparo a vivere la mia terza vita e premo il grilletto.