Archivio degli articoli con tag: Libreria L’Eternauta

Nel mese di novembre 2013 il Cantiere di Letteratura Notturna ha scritto le avventure del doppiatore Arturo Mela alle prese con il doppiaggio di cartoni animati. Arturo è il personaggio collettivo protagonista della nuova stagione del Cantiere e del progetto “Un libro in cantiere”, in collaborazione con Gorilla Sapiens Edizioni.

Ecco alcuni estratti dai racconti e alcune immagini del reading del 27 novembre.

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Da Coccodrillo Re di Davide Predosin

– Allora, Apple…
– Non chiamarmi Apple, ti prego.
– Ok Arty, questo è il soggetto: una mummia egizia mezzo spappolata, catorcio di bende secche e puzzolenti, un bel giorno, stufa di giacere stecchita, tenta di scatto di mettersi a  sedere, sbatte violentemente la testa contro il sarcofago e ripiomba  in un ancor più misteriosa e postuma seconda morte. Dopo un altro millennio si risveglia e, memore del trauma occorso, riesce con pazienza certosina a forzare il sarcofago, si mette a sedere, si toglie le bende dagli occhi e rimane di sasso. Vede attorno a sé, infatti, tutti gli oggetti che secondo tradizione erano stati disposti attorno al sarcofago per accompagnarla nell’aldilà, ma si rende conto che le imbarcazioni, l’esercito, gli schiavi sono ancora minuscoli, inerti; nient’altro che vile e inutile oggettistica di terracotta. Solo le monete, chissà, potrebbero tornarle utili, pensa. Ne prende una manciata, le ripone tra le bende nel ventre vuoto e, gattoni, attraverso innumerevoli cunicoli, se ne esce dalla piramide. Sola, senza un regno o sudditi, scoprirà a breve di essere a Londra nell’anno 2234.
– Io dovrei doppiare una mummia che si risveglia e fugge dal British Museum nel 2234?
– Esatto, sarà esilarante vedrai…
– In che modo, sarà esilarante?

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Da Il metodo Maurìce di Carlo Sperduti

– Salve a tutti e a tutte, mi chiamo Maurìce.
– Mau…?!
– … rìce… Come forse già sapete, vengo per conto di Anna e Barbara per farvi da insegnante, per così dire, è vero, nel corso di aggiornamento sul doppiaggio de Lo struzzo che corre un casino e il suo antagonista Willy il coglione. Le prime novità dell’ultima serie consistono nella semplificazione del titolo e nella modifica di un tempo verbale. Questo perché il pubblico, è vero, richiede sempre più immediatezza e ritmo, è ormai avvezzo alle logiche dell’intrattenimento audiovisivo e comincia ad avere in odio, è vero, i contenuti troppo didascalici; inoltre non ha più bisogno di storie dal passato, ma vuole che si parli del qui e ora, di qualcosa che può riguardare tutti da vicino. Per queste ragioni Le rocambolesche quotidiane occorrenze desertiche dello struzzo che correva come se non ci fosse un domani e del suo malconcio ed emaciato aspirante catturatore Willy il poco di buono risulta un titolo non più spendibile, per quanto, è vero, geniale.
Arturo tossicchiò.
– Come? – chiese Maurìce.
Arturo tossicchiò.
– Capisco, – concesse Maurìce, – ma non è così che va fatto. Willy il coglione, è vero, va interpretato con meno grazia e più timidezza, più impaccio… provi a pensare di essere sorpreso dalla migliore amica della sua nuova ragazza, per cui prova un’irrefrenabile attrazione fisica, mentre visiona un video hard casualmente scovato in rete di cui sia proprio lei, la migliore amica, è vero, protagonista. Su, provi.
Arturo tossicchiò.

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Da Linea Interrotta di Marco Parlato

La voglia di gelato era così forte che non gli sembrava vero trovarsi di fronte a una coppa gigante fondente e pistacchio con tanto di cialda triangolare, croccante Excalibur da estrarre con cautela.
Addirittura faticava a rimettere insieme l’ultimo quarto d’ora, durante il quale aveva raggiunto la gelateria più vicina, acquistato svelto il gelato per poi rientrare in casa e servirselo in cucina. No, non era andata così. Era un’illusione per non ammettere ciò che aveva appena visto: una matita gigante si era materializzata in cucina e aveva disegnato il dessert.
Riavutosi dai suoi pensieri pronunciò un Aaah di sorpresa, più acuto del solito. Divorò tutto, conservando per ultimo uno spicchio di cialda, da ingollare insieme al gelato sciolto sul fondo.
Soddisfatto, scese rapido in strada per una passeggiata serale. Oltre il portone rimpianse di non avere preso i sigari. Ecco, però, che la matita comparve ancora, tratteggiandogli un Havana sul palmo aperto.

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Da Questione di magia di Patrizia Berlicchi

– Che succede?! – lo interrogò Serena piantandogli addosso uno sguardo impaurito.
– Tranquilla, cara: è solo un calo di tensione. – ribatté Arturo, senza avere la men che minima idea di cosa stesse dicendo.
– Adesso riparte, vedrai.
Ma l’ascensore non si mosse, proprio come gli occhi di Serena su di lui, che ora erano diventati inspiegabilmente accusatori.
– Non c’è proprio nulla di cui preoccuparsi; la luce non è mica… – non fece in tempo a formulare la frase che si trovarono al buio.
– Ho paura! – iniziò a piagnucolare Serena – Voglio uscire di qui, fammi uscire per favore!
Arturo annaspò: era terrorizzato dal buio fin da quando era bambino e dormiva sempre con una piccola luce accesa nella stanza, ma dovette fare buon viso a cattivo gioco; spinse il pulsante dell’allarme e si schiarì la voce:
– Serena, fidati di me: ti prometto che presto usciremo da questo ascensore.
– E come?! Voglio proprio sapere COME FARAI!

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Da Ciao ciao di Leonardo Battisti

– Mela mi guardi, – disse tornando a rivolgersi ad Arturo – mi ascolti – e lo afferrò per il colletto della camicia – lei sta prendendo troppo sul serio le vicende di Tinky Winky e gli altri Teletubbies.
– No, non capisce. Io ho gli incubi. L’altra notte mi sono svegliato con la voglia di fare una palla di neve, ho preso i calzini dal cassetto e ho iniziato ad arrotolarli uno dopo l’altro, uno attaccato all’altro, finché non è venuto fuori questo moloch di spugna e cotone. Me lo sono abbracciato e sono rimasto fino al mattino a gridare felice “morbida la neve, tenera la neve, bianca la neve!”, finché non è arrivata la mia governante portoricana, che è stata costretta, per farmi tornare in me, ad avvolgere il fermaporta di marmo in uno strofinaccio della cucina e a darmelo sulla schiena.

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Da Di come Arturo scoprì tante cose e trovò la sua missione di Massimo Eternauta

– Lo sa a chi appartiene la Ultraphono? Ai servizi segreti! – urlò improvvisamente e sempre nell’orecchio di Arturo, assordandolo. – Bolliwood è una bomba innescata pronta a esplodere.
– Ma chi vuole che guardi i film indiani, sono terribili – disse Arturo beffardo.
– Appunto, una bomba – disse il regista cominciando ad agitarsi. – Si immagina?
Arturo non immaginava.
– Pensi che sono finanziati in maniera occulta dalla CIA.
– Chi?
– Ma come chi? Gli indiani! La CIA finanzia Bolliwood per non farla fallire.
– E perché? – chiese Arturo in automatico ma senza convinzione.
– Ma lo sa, lei, quanti sono gli indiani? Due miliardi sono, ecco quanti sono, e di questi almeno cento milioni lavorano nel cinema tra attori, comparse, registi, sceneggiatori, truccatori, fonici, cameramen, barellieri, DOPPIATORI!
Ad Arturo non tornava la storia dei barellieri ma decise di non indagare.
– Immagini – riprese il regista sventolando la mano destra ad aprire una porta immaginaria sul mondo – immagini lo tsunami che provocherebbe il fallimento del cinema indiano.
– Cento milioni di disoccupati – tentò Arturo.
– Macché! – esclamò il regista. – Qui la volevo! Magari fosse così semplice! Importa un cazzo a me dei disoccupati a bersi l’acqua del Gange, ma oggi c’è la Globalizzazione!

Nel mese di ottobre 2013 il Cantiere di Letteratura Notturna ha scritto le prime avventure del doppiatore Arturo Mela, il personaggio collettivo protagonista della nuova stagione e del progetto “Un libro in cantiere”, in collaborazione con Gorilla Sapiens Edizioni.

Ecco alcuni estratti dai racconti e alcune immagini del reading del 30 ottobre.

DSCN5002Da Arturo di Massimo Eternauta

Certo – si diceva Arturo – la sorte è stata veramente avara con me, eppure avrei i numeri per interpretare i personaggi più disparati.
Quando vedo certe sciacquette prendersi parti da protagoniste in capolavori della letteratura o quei zucchinoni tutti muscoli e niente cervello che vanno da un set a un altro,  mi viene una rabbia…
Cos’ha più di me quel tizio a cui è capitato di fare il protagonista in taxi driver? E quanta boria poi!
Per quelle quattro cazzate che ha detto: “Che dici a me?”, “Stai parlando con me?”
“Con quello la sorte è stata benigna” pensava Arturo roso dall’invidia. Un disoccupato mezzo matto che fa il tassista va via come il pane nel cinema d’autore.
Con me il destino è stato diverso. Non ricordo neanche più dell’ultima volta che ho calcato le scene.

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Da Silenzio! Parla Arturo di Alice

LE PARANOIE DELLA SECONDA DOMENICA DEL MESE, per ordine di arrivo sono: il puzzo di piscio, le carte consunte della briscola, l’ago della flebo sempre in bilico, l’infermiera strabica, i pavimenti in linoleum, la consistenza della mela cotta, il Figlio, il Padre.
Le azioni sono diventate un automatismo fine a se stesso: Arturo parcheggia la macchina il più vicino possibile all’ingresso, Arturo si avvicina alla reception e autografa il libro delle visite, Arturo aspetta Vittorio stravaccato sulla poltrona imbottita. Vittorio a quell’ora è alla seduta di fisioterapia e quando torna, la seconda domenica del mese, trova Arturo. Sempre. C’è un senso di sicurezza in quel ripetersi che ad Arturo, in fondo, non dispiace.
– Allora, ti hanno stiracchiato per bene di là in palestra? Ti vedo in forma Vitto’.
– Eh… – accenna lui.
Arturo recita il copione. Ogni seconda domenica del mese gli argomenti sono: 1. Fisioterapia, 2. Briscola, 3. Pranzo, 4. Le domandine, 5. il Commiato.

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Da BigBlue di Patrizio D’Amico

Sono giorni che Arturo, vagando per la città, vede bambini che mangiano con foga, riempiendosi la bocca e sporcandosi la faccia con quel liquido bluastro, il ripieno della BigBlue. Un concentrato di sorbitolo, mannitolo, sciroppo di maltitolo, aspartame, acesulfame k, residui di gusci di noci, conservanti, coagulanti, antiossidanti e coloranti di tutti i tipi che si insinuano nei corpicini di marmocchi e marmocchie ignari di quanto tutto quel godimento li farà stare male. Lo slogan della BigBlue, che ha ripetuto in studio fino allo sfinimento con tutte le tonalità richieste dal cliente, è: “BigBlue, tutti i gusti e uno in più!”. Un coccodrillo di peluche animato in computer grafica sfreccia su uno skateboard, raggiungendo la sua amata coccodrilla fucsia, che lo attende sui rollerblade, e mugugna soddisfatta appena lui si avvicina. Uno spot che va in onda nelle fasce orarie dei cartoni animati, a ripetizione, bombardando piccoli cervelli mallelabili, potenziali acquirenti. Arturo immagina orde di bimbi, come zombie abbindolati alla ricerca di carne umana, entrare nei bar e nei supermercati urlando: “BigBlue BigBlue!” Quella stessa mattina aveva persino sentito un barista che rispondeva al bambino urlante: “Eccolo, tutti i gusti e uno in più”.

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Da Prima del ciak di Daniela Peruzzo

– Ciao Arturo, abbiamo scritto una cosetta tutti insieme, vuoi ascoltarla?
Arturo fece un cenno di assenso, deglutendo un poco, senza farsi vedere.
Arturo Mela non era particolarmente bello, è vero, non era neanche particolarmente intelligente, occorre ammetterlo. Anzi forse era addirittura un po’ scemo. Ma era un gran pallonaro e per questo noi tutti lo amavamo.
– Che ne dici, Artu’? Ti piace?
– Bello, Gianni, sono commosso, magari di quel po’ scemo se ne potrebbe pure fare a meno, pensiamoci – fece Arturo mentre l’altro già s’era allontanato con espressione ispirata…
C’era pure Consuelo, in un angolo, un po’ commossa, riservata, silenziosa come Arturo non l’aveva vista mai.
– Adios, Arturo.
– Adios in spagnolo vuol dire arrivederci, vero Consuelo? Rispondi per favore, amica mia, non mi lasciare così, senza una parola. – Ma quella taceva, taceva e guardava in basso.
E poi c’era Elena, il suo ultimo, grande amore.

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Da Lisetta lo scoiattolo di Marco Lipford

Ma chérie! Mi sono permesso di portarti questa – disse Arturo una volta seduti al tavolo, e porse alla donna una rosa lillà. – Crescono nella siepe di una villa a due isolati da qui. L’ho rubata per te.
In effetti l’aveva rubata, sì, ma da un vaso vicino a una targa funeraria all’angolo della piazza. Lisetta non fece una piega. Prese la rosa e finse di annusarla. Lo fissò.
– E così sei qui per lo spot di Béstial? – domandò, e prese un sorso del suo vino bianco.
Ouuui! Per il profumo francese, le parfum pour homme! Sai, ho una certa esperienza ormai nel campo pubblicitario, ma non solo. E credo proprio di fare al caso della produzione.
Lisetta sgranò gli occhi e fece un ghigno. – Ah sì? Per chi hai lavorato? Racconta.
Arturo Mela, calato ormai nella parte si esibì in una serie di slogan storici, da “Centro Convenienza il preferito di Enza” a “Plantari contropiede, e l’odore non si vede”, passando per quello delle cucine Carloni a quello celebre delle Salse Agresti. E lì, sul bel viso di Lisetta si disegnò una nota stonata. – Bugiardo! – urlò. Arturo fu strappato al suo delirio.
– Le Salse Agresti lo ha fatto Mario Tedeschini Rolli, e lo so per certo perché è un mio grande amico.

DSCN4983Da Clic di Leonardo Battisti

Clic.
Il tavolo si rovescia di colpo e si liquefa sul pavimento trasformandosi in un mare cristallino. Sotto i suoi piedi una sabbia bianca bollente e, alzando gli occhi dagli alluci abbronzati, una strafiga mora e una bionda che gli sorridono con un sorriso che non è un sorriso, ma l’idea che Renzo Piano ha del sorriso. Approssimandosi, le due incantatrici di ormoni gli porgono rispettivamente una Pipperina e una Pipperina light. – Oddio, sì! – pensa Arturo, che però per l’eccitazione inconsapevolmente muove la mano sul mouse e…
Clic.
Il mare diventa una strada provinciale tortuosa ma larga, una di quelle che si vedono in Corsica o in costa azzurra, che salgono fino a paesi arroccati su colline erte e brulle famosi per qualche grand hotel o casinò dove ogni sera c’è una festa in piscina. Arturo sfreccia disegnando i tornanti nella sua Mini Maxima nera fiammante, largo in entrata, stretto a centro curva, dopo aver scalato la marcia e ripreso col destro il pedale dell’acceleratore. Accanto a sé c’è la mora di prima, con un tubino rosa e uno strettissimo calzoncino jeans talmente corto da lasciarle scoperti gli ultimi lembi, sodi e compressi, delle chiappe. Uno sguardo allo specchietto retrovisore e to’, la bionda è sul sedile di dietro che si riassetta il trucco senza minimamente accusare gli sbalzi delle curve. – Gesù, Giuseppe e Maria! – esclama dentro di sé Arturo che nel tentativo di azionare l’autoradio ripreme inavvertitamente il…
Clic.
È l’alba di colpo. Arturo si alza dal letto enorme. Accanto, ancora intorpidite dal sonno, dormono beate la mora e la bionda di prima.

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