di Elisabetta Trova
Nel pensiero binario c’è un’identità e un nulla.
I parametri e la forma dell’identità sono determinati nel tempo dalle mode del momento.
Del nulla, tutti lo sanno, non si ha forma.
Anna, nata a Enna nell’ottanta, aveva se stessa, le sue necessità e il suo talento da portare avanti. Luca di Lucca era cresciuto a genuino latte di mucca e faceva il guardiano del campo di grano del suo vicino ormai lontano partito per l’America con un mazzo di carte in mano.
Il pensiero binario concepiva Anna come una donna evoluta e Luca come emblema di una società obsoleta che presto si sarebbe fatto rientrare nel nulla insieme alla campagna, alla mucca e all’uva.
Probabilità d’incontro scarse, convivenza o relazione nefaste.
Ma il treno Messina-Milano si fermò per un binario intralciato e Anna, ricordandosi di Enna, forzò la porta e scappò fra i campi, tanto il biglietto non l’aveva neanche timbrato e volendo si poteva anche pensare a un cambio rimborsato…
Così, quasi correndo, si diresse verso il giallo perché era il colore che preferiva al ricordo della prateria che oramai era finita per diventare terra da edificare.
Si era chiesta più volte, compresa la sorte, perché si era scelto il nulla come alternativa all’uno e non si fosse neanche contemplato per un attimo il pensiero dialettico che concepisce l’esistenza del contrario rispetto all’Uno.
Ma per le sue necessità e il suo talento, tanto disturbo non era dato di creare, quindi in campagna non era certo il caso di pensare ai motivi per cui un uomo senza forma non debba sentirsi Uno in forma.
Luca di Lucca, checché se ne dica, viveva nel nulla in perfetta forma. Sapeva che Lucca era al nord e che il nord era avanti, a chi o a cosa non se lo chiedeva perché raramente questo cambiava la mole di lavoro che ogni anno si ripeteva.
In moviola.
Il grano maturo era il tempo migliore per concedersi passeggiate in totale immersione tra arbusti che sovrastano e proteggono dal sole. Ecco perché Luca si trovava lì quel giorno, come ogni giorno del tempo del grano maturo, all’ora in cui il sole se ne va verso Ponente.
Primo piano.
Luca era seguito sempre da Piluca, la fedele cagnetta che per starle dietro doveva andare sempre di fretta, ma tanto Luca non la lasciava mica, non ci sapeva certo stare senza quel cane da accudire.
Questo Anna lo notò subito, perché al primo richiamo che tentò di fare per stringere amicizia con quella cagnetta singolare, Luca stizzito la fermò con un verso ammonito e si rivolse ad Anna con la lingua bastarda con cui chiedeva il pane a Edoardo, il droghiere che si trovava all’incrocio con viale Imperiale, che probabilmente Anna avrebbe trovato un po’ volgare.
Anna sorrise, sembrò che un raggio di sole dal sud si infilasse tra il grano e lo strizzo degli occhi di quel Luca, che già si capiva che tante domande non se le poneva, ma era bello come il frutto maturo cresciuto al sole.
– Piacere, io sono Anna, – allungò la mano, strinse quella di Luca, lo tirò a sé, fece per baciarlo e poi lo leccò, come per assaggiarlo.
Lui d’impatto si irrigidì, poi scoppiò a ridere, la posizionò di fronte a sé e le carezzò il volto come si fa con il muso di un cane, prendendola per il mento e sfregandole la guancia con le mani ruvide.
Fecero l’amore così, inspiegabilmente come è inspiegabile l’inizio della vita, o la scoperta del fuoco, o l’esistenza degli dei.
Dopo Anna tornò sui binari verso altre stazioni. La moda del momento forse avrebbe trovato una risposta a quel suo strano modo di fare. Luca di Lucca, checché se ne dica, ci mise un po’ di più a rientrare nei suoi binari. Edoardo, il droghiere, racconta di averlo visto una notte scrivere con una bomboletta spray su un vagone dimesso vicino la stazione: “Le donne mangiano gli uomini per fare altri uomini”.